Il rapporto capo-ragazzo

Il rapporto capo-ragazzo La gabbianella e il gatto

“Promettimi che non mangerai l’uovo” , stridette la gabbiana, allo stremo delle forze. “Prometto”, ripetè il gatto Zorba.

“Promettimi che ne avrai cura finché non sarà nato il piccolo”, stridette la gabbiana sollevando il capo. “Prometto”, ripetè il gatto.

“E promettimi che gli insegnerai a volare”, stridette ancora guardando fisso negli occhi il gatto. Allora Zorba capì che la sfortunata gabbiana non solo delirava, ma era completamente pazza. “Prometto che gli insegnerò a volare. Ora riposa, vado a cercare aiuto”, miagolò Zorba.

Può un gatto insegnare a volare? Sì, in una storia dove il confine tra realtà e fantasia è molto sottile.

Coverà l’uovo, nutrirà la gabbianella, le troverà amici, la difenderà dai pericoli, fino a infrangere la regola che impone ai mici di non parlare agli uomini.

E, alla fine, le darà perfino la Partenza. La “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, di Sepulveda, è un libro utilizzato nelle attività scout sull’educazione del carattere.

Ha i giusti ingredienti. A partire dal fatto che a Zorba viene messo in zampa un uovo: qualcosa di cui non sa assolutamente niente. Ma la felicità di quell’uovo dipende da lui. E ha la consapevolezza di un affidamento (conto su di te, ho bisogno di te), ricambiato da una promessa.

Zorba poteva non farlo: “tu hai le ali, io gli artigli, grazie e arrivederci”. Invece no, impara a chiamarla per nome, crea un fantastico esempio di rapporto capo ragazzo giocato sui caratteri diversi, che si incontrano, degli eroi della storia.

Perché dimostra il bisogno di amici e di compagni di strada, vicini, presenti, in continuo contatto, di cui ogni esperienza educativa ha bisogno. Perché impone a Zorba di stimare e voler bene alla gabbianella, sennò non vanno da nessuna parte.

Zorba allora comincia a fare quello che sa, il gatto.

La gabbianella lo imita: ecco i compagni di una strada in cui Zorba testimonia la gioia di essere gatti (di essere scout, nel nostro caso), di fare cose grandi e trasgressive (rubare il pesce al mercato – giocare assieme), di poter sbagliare.

Al tempo stesso accetta e impara ad essere scelto; accetta e impara che se anche ha i piedi palmati in lei c’è un 5% di buono.

Certo, la giudica subito, ma le dà anche tempo; poi ingrana l’azione fondamentale dell’educare il carattere. Nel clima di fiducia, non impone né fa il notaio della sua crescita, ma fa emergere gli abiettivi da raggiungere.

La gabbianella prova invano per 17 volte a volare; Zorba può insegnarle a non ripetere i suoi errori di gatto, ma lei è diversa.

Allora da bravo capo scout crea le condizioni per il balzo verso la felicità e l’indipendenza. Dall’alto di un campanile (fare cose grandi): “Ora volerai – le dice – il cielo sarà tutto tuo”. “Non ti dimenticherò mai e neppure gli altri gatti”, risponde: qui è la riprova dell’educare il carattere: quel sottile meccanismo di identificazione per cui qualcosa del capo passa nel ragazzo (e, talvolta, viceversa) e per cui si crea un legame profondo.

La gabbianella vola: “ci siamo riusciti – sospirò Zorba – e sull’orlo del baratro ho capito la cosa più importante: vola solo chi osa farlo”.

 

 

 

 

foto: Tomáš Malík da Pexels